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Le teriache del XVI, XVII e XVIII secolo erano fondamentalmente composte da: carne essiccata di vipera (elemento primario), valeriana, oppio, pepe, zafferano, mirra, malvasia, polvere di mummia e anche angelica, centaurea minore, genziana, incenso, timo, tarassaco (componenti amari), matricaria (elementi sedativi), succo d’acacia, potentilla (componenti astringenti), miele attico, liquirizia (addolcenti), finocchio, anice, cannella, cardamomo (elementi carminativi), aristolochia, opoponax (elementi fetidi), scilla, agarico bianco (componenti acri), vino di Spagna. (Wikipedia)
«Bati bati, la slonga la vita, pesta pesta la calma i dolori, chi la prova pitochi o signori, per centani provista i farà. La xe fata de mile sostanse, la guarise 3000 e più mali, e contenti se ciama quei tali che profita de sta rarità. Bati, bati, pesta, pesta la triàca qua se fa». Proprio nel mese di marzo nel lontanissimo 1532, il senato veneto risolse l’annosa vertenza sul modo di confezionare la ’teriaca’ considerata dai più celebri medici del tempo il toccasana per tutti i mali. Ricercata e apprezzata da tutto il mondo, questa medicina veniva preparata pubblicamente alla presenza del popolo e degli esperti. In grossi mortai, dei robusti facchini pestavano (cantando canzoncine come quella sopra) un’infinità di sostanze: foglie di rosa, anice, finocchio, zafferano, estratto di vipera, pepe, zenzero, trementina, oppio, miele e tanti altri ingredienti. Il governo ne tutelava la produzione e ne concedeva la confezione solo a pochissime farmacie chiamate appunto ’Triacanti’.
Fonte ’ il Gazzettino’.
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